
Contabilità ambientale
Economie domestiche e clima alla luce dei conti dell’ambiente
Tra il 2000 e il 2019, l’impronta di gas serra delle economie domestiche è calata del 4%. Le emissioni che hanno generato in Svizzera sono diminuite del 15%, mentre quelle che hanno indotto all’estero sono aumentate dell’8%. Nel 2019 le economie domestiche hanno pagato 3,1 miliardi di franchi Le variabili monetarie sono presentate a prezzi correnti. di imposte sui carburanti e sui combustibili fossili e sono stati loro ridistribuiti 550 milioni di franchi provenienti dalla tassa sul CO 2 . Hanno inoltre occupato più di 83 000 impieghi in equivalenti a tempo pieno legati al clima, contribuendo così alla creazione di 13,8 miliardi di franchi di valore aggiunto, pari all’1,9% del prodotto interno lordo (PIL). Questi alcuni dei risultati tratti dai conti dell’ambiente dell’Ufficio federale di statistica per illustrare la relazione tra le economie domestiche e il clima.
La contabilità ambientale è un complemento dei conti nazionali in ottica ambientale. Analogamente a questi ultimi e a differenza delle statistiche ambientali tradizionali, la contabilità ambientale fornisce generalmente dati sulle economie domestiche e sull’economia divisa per attività economica. Contribuisce a una migliore comprensione delle interazioni tra ambiente ed economia e a misurare il grado di realizzazione degli obiettivi dell’economia verde e dello sviluppo sostenibile. La sua produzione si basa sul System of Environmental-Economic Accounting (SEEA) elaborato sotto l’egida delle Nazioni Unite https://seea.un.org/ .
I conti dell’ambiente permettono in particolare di calcolare indicatori di impronta, per stimare la pressione esercitata dai consumi della popolazione di un Paese ad esempio sul clima, e ciò tenendo conto delle emissioni associate alla produzione dei beni e servizi importati.
Riduzione della pressione della Svizzera sul clima
Tra il 2000 e il 2019, l’impronta di gas serra della Svizzera è diminuita del 6% (G1). Questa percentuale si riferisce alle emissioni indotte in Svizzera e all’estero dalla domanda finale di beni e servizi delle economie domestiche e dell’economia. Al contempo la popolazione residente permanente è cresciuta. L’impronta di gas serra pro capite della Svizzera è perciò diminuita. Nel 2019 ammontava a 12,6 tonnellate di CO2 equivalenti, il 64% delle quali emesse all’estero.

Circa i due terzi dell’impronta di gas serra sono generati dalle economie domestiche
L’impronta di gas serra è una stima basata in parte su modellizzazioni Per la stima dell’impronta esistono diversi metodi. I presenti risultati si basano sui conti delle emissioni atmosferiche, sulle tabelle input-output dei conti economici nazionali e su una ponderazione delle emissioni legate all’importazione. . Le emissioni di gas serra, incluse nel calcolo dell’impronta, si suddividono nelle componenti di domanda finale interna delle economie domestiche e dell’economia (G2) Dato che l’impronta considera esclusivamente le emissioni di gas serra legate alla domanda finale interna della Svizzera, le emissioni legate all’esportazione non sono conteggiate. .

In tale ottica i beni e servizi consumati dalle economie domestiche in Svizzera rappresentano la quota principale dell’impronta. Tenendo conto delle emissioni dirette causate da spostamenti con veicoli privati e riscaldamento, nonché di quelle indotte all’estero e nell’economia svizzera per soddisfare la domanda finale delle economie domestiche, nel 2019 queste ultime sono state responsabili dell'emissione di 73,1 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti (mio. t CO2 equiv.), il che corrisponde a circa il 67% dell’impronta di gas serra della Svizzera.
Rispetto a ciò, l’impronta dovuta alla spesa per consumi finali dell’amministrazione pubblica era pari a 6,3 mio. t CO2 equiv.
Un’altra componente della domanda finale è rappresentata dai cosiddetti investimenti fissi lordi, ovvero investimenti Investimenti dell’economia, dell’amministrazione pubblica e delle economie domestiche. Gli investimenti delle economie domestiche non possono essere separati dai dati di base, ma non rappresentano che una piccolissima parte degli investimenti totali. in beni materiali come macchine, immobili o infrastrutture IT. Le emissioni di gas serra generate in relazione a questo tipo di investimenti ammontavano a 29,3 mio. t CO2 equiv.
L’impronta di gas serra delle economie domestiche cala in Svizzera ma non all’estero
L’impronta di gas serra delle economie domestiche comprende le emissioni dirette e quelle dette indirette, che sono indotte dalle spese di consumo nell'economia svizzera e all’estero (G3).

Nel 2019, circa il 24% (17,4 mio. t CO2 equiv.) dell’impronta di gas serra delle economie domestiche è stato attribuito a spostamenti con veicoli privati e al riscaldamento. Un altro 20% (14,9 mio. t CO2 equiv.) è stato generato dall’economia svizzera per la produzione di beni e servizi consumati dalle economie domestiche. La parte del leone l’hanno fatta però le emissioni «celate» nelle importazioni: sono quelle generate all’estero per produrre beni e servizi successivamente importati e consumati dalle economie domestiche in Svizzera. Sempre nel 2019, con 40,8 mio. t CO2 equiv., le emissioni legate alle importazioni sono state responsabili del 56% dell’impronta totale delle economie domestiche.
Nel complesso, tra il 2000 e il 2019 l’impronta di gas serra delle economie domestiche è calata del 4%. L’evoluzione delle componenti dell’impronta delle economie domestiche è però eterogenea. Sempre tra il 2000 e il 2019, le emissioni interne alla Svizzera sono infatti diminuite del 15% e, guardando i diversi tipi di emissioni interne più nel dettaglio, si nota che, con un calo del 17%, le emissioni dirette si sono ridotte maggiormente rispetto a quelle indotte dall’economia svizzera per soddisfare la domanda finale delle economie domestiche, diminuite del 12%. Nello stesso periodo di tempo le emissioni generate all’estero sono invece aumentate dell’8%.
Trasporti e abitazione responsabili di circa la metà dell’impronta di gas serra delle economie domestiche
La quota dell’impronta di gas serra delle economie domestiche, che sia essa direttamente o indirettamente riconducibile a queste ultime, può essere suddivisa in modo ancora più dettagliato sulla base delle voci di spesa (G4).

Ne risulta che, nel 2019, la quota maggiore (pari a 18,7 mio. t CO2 equiv.) è stata generata dai trasporti. Questo dato corrispondeva al 26% dell’impronta delle economie domestiche, sebbene i trasporti rappresentassero soltanto il 10% delle loro spese di consumo. L'impronta di gas serra dei trasporti tiene conto sia delle emissioni dirette generate dalle economie domestiche spostandosi con veicoli privati, sia di quelle prodotte dall’economia (ovvero quelle provenienti dal settore del trasporto aereo e pubblico, dalla raffinazione del petrolio, dal commercio, come pure dalla fabbricazione e manutenzione di veicoli). Le emissioni legate ai trasporti sono tuttavia comprese anche in altre voci di spesa. Ad esempio, le emissioni generate nel trasporto di generi alimentari vengono imputate a questi ultimi.
L’impronta di gas serra per l’abitazione e le spese per l’abitazione rappresentavano entrambe poco più di un quinto dell’impronta complessiva o delle spese di consumo delle economie domestiche. Analogamente all’impronta di gas serra dei trasporti, in quella per l’abitazione sono comprese da un lato le emissioni dirette generate per il riscaldamento e dall’altro le emissioni generate da una serie di attività economiche che producono o forniscono beni e servizi legati all’abitazione. Vi rientrano ad esempio l’approvvigionamento energetico e il trattamento delle acque reflue e dei rifiuti. Le emissioni causate dall’edilizia abitativa, invece, non sono conteggiate in questa sede, poiché rientrano negli investimenti fissi lordi (v. G2).
Nei consumi per trasporti e abitazione una parte importante dell’impronta è causata dalle emissioni dirette, mentre per tutte le altre voci di spesa la parte dovuta alle emissioni all'estero legate alle importazioni è maggiore di quella dovuta alle emissioni interne. Le emissioni generate all’estero erano particolarmente elevate: pari al 94% per abbigliamento e calzature e al 67% per i generi alimentari.
Sviluppi diversi per le emissioni dei trasporti e del riscaldamento
Osservando come è evoluta l’impronta di gas serra delle economie domestiche tra il 2000 e il 2019, si nota che quella per i trasporti è diminuita del 6% (G5). Analogo anche lo sviluppo delle emissioni dirette, per le quali è stato rilevato un calo pure del 6%. Lo sviluppo delle emissioni indotte nell’economia è invece stato diverso: ad esempio, le emissioni interne indotte nell’economia sono diminuite dell'1%, mentre quelle indotte all’estero sono scese del 9%.

Ancora diversa è stata l’evoluzione delle emissioni indotte nell’economia che costituivano l’impronta di gas serra delle economie domestiche causata dall’abitazione. Mentre le emissioni interne dell’economia sono aumentate del 6%, quelle indotte all’estero sono aumentate del 3% (G6). Complessivamente, l’impronta di gas serra delle economie domestiche causata dall’abitazione è diminuita del 16%, e ciò è stato possibile grazie alla riduzione del 28% delle loro emissioni dirette.

Di seguito le emissioni dirette delle economie domestiche saranno trattate in modo più dettagliato, poiché rappresentano circa la metà dell’impronta di gas serra generata dalle economie domestiche per trasporti e abitazione.
Calo delle emissioni dirette delle economie domestiche
Nel complesso, tra il 2000 e il 2019 le emissioni dirette delle economie domestiche generate dagli spostamenti con veicoli privati e dal riscaldamento sono diminuite del 17%. Presentano tuttavia evoluzioni contrastanti. Le prime sono calate dal 2000 al 2011 per poi aumentare altrettanto dal 2011 al 2019 e raggiungendo quell’anno la quota di 9,6 mio. t CO2 equiv. Le seconde, più fluttuanti per natura a seconda delle condizioni invernali, sono invece rimaste globalmente stabili dal 2000 al 2008, anno a partire dal quale hanno cominciato a ridursi. Nel 2019 ammontavano a 7,7 mio. t CO2 equiv. (G7).

Contrariamente a quanto succede per le emissioni legate alla domanda finale delle economie domestiche, che sono in gran parte generate all’estero e sulle quali si ha quindi meno controllo, sulle emissioni dirette delle economie domestiche si può incidere di più, in particolare attraverso incentivi fiscali.
Leggero calo delle emissioni delle automobili nonostante il forte aumento della loro efficienza energetica
Tra il 2000 e il 2019 le emissioni di CO2 fossile generate dagli spostamenti in automobile delle economie domestiche sono diminuite del 5%, in particolare grazie al calo del carburante che consumano per ogni chilometro percorso e ogni chilo trasportato, in altre parole della loro intensità energetica. Ecco perché, se tutti gli altri fattori fossero rimasti invariati, tra il 2000 e il 2019 il calo dell’intensità energetica delle automobili avrebbe comportato una diminuzione delle emissioni pari al 42%, mentre il passaggio a vettori energetici che producono meno CO2 avrebbe permesso di ridurle dell’1%. Tuttavia, l’aumento del peso dei veicoli e la crescita della popolazione sembra abbiano determinato un incremento delle emissioni di CO2 rispettivamente del 18 e del 17% (G8).

Analizzando separatamente il periodo dal 2000 al 2011, caratterizzato da un calo delle emissioni generate dagli spostamenti in automobile delle economie domestiche, e quello dal 2011 al 2019, contraddistinto dall’aumento di tali emissioni, si nota che la diminuzione dell’intensità energetica delle automobili è avvenuta essenzialmente durante il primo periodo considerato. Tale decremento è stato sufficiente per compensare i fattori in aumento delle emissioni, in particolare l’accrescimento della popolazione e del peso dei veicoli; non è stato così nel secondo periodo.
Quasi esclusivamente nel secondo periodo, invece, è avvenuto il calo del contenuto di CO2 dei carburanti, e questo grazie al ricorso sempre più frequente a vettori energetici non fossili e all’elettricità verificatosi a partire dal 2014 (G9).

La quota di biogas e biocarburanti rispetto al totale dell’energia utilizzata dalle economie domestiche per i loro spostamenti con veicoli privati è in effetti aumentata progressivamente dal 2000 al 2013, passando praticamente da zero a circa lo 0,2%. Dal 2014 l’incremento si è intensificato, portando la quota a raggiungere quasi il 4% del totale nel 2019. Anche il consumo di elettricità è aumentato, soprattutto dal 2014, sebbene il suo utilizzo rimanga marginale. Nel 2019 rappresentava infatti lo 0,1% del totale.
Ripercussione del calo del consumo di benzina e gasolio delle economie domestiche sul gettito delle imposte
Le emissioni di CO2 fossile generate dagli spostamenti con veicoli privati delle economie domestiche sono direttamente correlate alle evoluzioni, talvolta contrastanti, del consumo di benzina e gasolio Il consumo di un litro di gasolio emette circa il 14% di CO2 in più rispetto al consumo di un litro di benzina. delle economie domestiche (G10).

Infatti, il consumo di benzina è sceso di più di un terzo, mentre quello di gasolio è più che sestuplicato. Da parte sua, il parco automobili ha presentato una riduzione del 9% per i veicoli a benzina ed è invece quasi decuplicato per quanto riguarda i veicoli a gasolio. Nel 2019 i veicoli a benzina rappresentavano il 67% del parco automobili, quelli a gasolio erano il 30%.
Il gettito delle imposte derivanti dal consumo di benzina e di gasolio delle economie domestiche si è sviluppato in modo analogo. Dipende infatti direttamente dalle quantità consumate e dalle aliquote fiscali. Queste ultime sono rimaste pressoché invariate durante tutto il periodo di osservazione. Nel 2019 le aliquote ammontavano rispettivamente a 73 e 76 centesimi al litro di benzina Benzina senza piombo 95 e di gasolio ed erano costituite essenzialmente dall’imposta e dal supplemento sugli oli minerali. Si osserva quindi che tra il 2000 e il 2019 i gettiti in questione sono passati da 2,6 a 2,3 miliardi di franchi, pari a un calo del 10%. Rappresentavano il 6,8% della spesa per consumi finali delle economie domestiche legata ai trasporti Include in particolare l’acquisto di veicoli nuovi o di occasione, le spese di riparazione, di mantenimento, di parcheggio e di pedaggio, le spese dovute al trasporto di passeggeri per via stradale, ferroviaria o aerea come anche i servizi postali e di consegna. nel 2019, contro il 9,9% nel 2000.
Netto calo delle emissioni dovute al riscaldamento delle economie domestiche nonostante l’aumento della popolazione
Tra il 2000 e il 2019 le emissioni di CO2 fossile generate dal riscaldamento delle economie domestiche si sono ridotte del 27%. A tale calo hanno contribuito in vario modo diversi fattori. Se tutti gli altri fattori fossero rimasti invariati, la diminuzione dell’intensità energetica (dovuta ad es. all’ottimizzazione dell’isolamento degli edifici o ad abitudini di riscaldamento più inclini al risparmio energetico) avrebbe permesso di ridurre del 28% queste emissioni di CO2. Secondo la stessa logica, il mero passaggio a vettori energetici a minor emissione di CO2 (ad es. dall’olio per riscaldamento al gas naturale o dal gas naturale alle pompe di calore) avrebbe consentito di ridurre del 20% le emissioni di CO2 delle economie domestiche, il che avrebbe rappresentato un calo più marcato rispetto a quello verificatosi nel caso dei carburanti utilizzati dalle economie domestiche per gli spostamenti in automobile. Da parte loro, l’incremento della popolazione e l’ampliamento della superficie abitabile pro capite avrebbero provocato un aumento di tali emissioni rispettivamente pari al 17% e al 4% (G11).

Analizzando separatamente il periodo dal 2000 al 2007, contraddistinto da una tassazione praticamente nulla dei combustibili fossili, e quello dal 2008 al 2019, caratterizzato dall’introduzione della tassa sul CO2 per i combustibili fossili all’inizio di detto periodo, si nota che il calo di emissioni maggiore si è verificato durante il secondo periodo considerato.
Da una parte, la tassa sul CO2 ha rincarato il prezzo dei combustibili fossili e spinto le economie domestiche a ridurne il consumo (ad es. riscaldando meno o isolando meglio l’abitazione) nonché a scegliere vettori energetici che producono meno emissioni (passando ad es. dall’olio per riscaldamento al gas naturale o dal gas naturale a una pompa di calore).
Dall’altra, circa un terzo del gettito di questa tassa è assegnato al Programma Edifici, che ha l’obiettivo di promuovere l’adozione di misure per ridurre le emissioni di CO2, quali ad esempio il risanamento energetico e la promozione delle energie rinnovabili. La tassa sul CO2 contribuisce quindi a far diminuire il contenuto di CO2 dell’energia utilizzata, ma anche a diminuire l’intensità energetica delle abitazioni. Dalla combinazione di questi due fattori risulta un calo generale delle emissioni dovute al riscaldamento delle economie domestiche, e questo nonostante l’incremento della popolazione e l’ampliamento della superficie abitabile pro capite.
Calo del consumo di energia per il riscaldamento delle economie domestiche, ma aumento del gettito fiscale per via della tassa sul CO2
Nel complesso, tra il 2000 e il 2019 il consumo di olio da riscaldamento e di gas naturale per il riscaldamento delle economie domestiche è diminuito del 25%. Le evoluzioni variano però a seconda del vettore energetico considerato. Pur oscillando, dal 2000 al 2019 il consumo di olio da riscaldamento è globalmente sceso del 43%, passando da 116 a 67 petajoule (PJ), mentre quello di gas naturale è aumentato del 32%, passando da 36 a 47 PJ (G12).

L’accelerazione del calo del consumo osservata a partire dal 2008 sembra derivare, almeno in parte, dall’introduzione in tale anno della tassa sul CO2 sui combustibili fossili. Inizialmente fissata a 12 franchi per tonnellata di CO2 nel 2008, l’aliquota di questa tassa è successivamente stata aumentata più volte, poiché gli obiettivi di riduzione delle emissioni definiti dal Consiglio federale non erano stati raggiunti. Nel 2019 ammontava a 96 franchi per tonnellata di CO2. Così, tra il 2000 e il 2019 il gettito delle imposte sull’olio da riscaldamento e sul gas naturale utilizzati per riscaldare le economie domestiche è passato da 12 a 713 milioni di franchi. Rappresentava lo 0,8% della spesa per consumi finali delle economie domestiche legata all’abitazione Include in particolare i beni e i servizi destinati all’utilizzo dell’abitazione, al suo mantenimento e alla sua riparazione, al rifornimento di acqua e all’energia utilizzata per il riscaldamento o la climatizzazione. nel 2019, contro una quota vicina allo zero nel 2000.
Parallelamente al calo del consumo di vettori energetici fossili per il riscaldamento delle economie domestiche, tra il 2000 e il 2019 quello di vettori non fossili e di elettricità ha invece preso sempre più piede (G13), passando dal 20% a quasi il 34% dell’energia totale utilizzata a tal fine. La geotermia, il calore ambiente e l’energia solare termica sono i vettori non fossili che hanno registrato il maggiore aumento. Nel corso del periodo in esame, la quota di utilizzo di questi ultimi sul totale dell’energia utilizzata per il riscaldamento delle economie domestiche è passata dal 2 al 10%.

L’imposizione delle energie fossili al servizio del clima
L’aliquota fiscale implicita sull’energia fossile è calcolata attraverso il rapporto tra il gettito delle imposte sull’energia fossile e il consumo finale di energia fossile (G14). Tra il 2000 e il 2019, questa aliquota (calcolata per le economie domestiche) è aumentata del 29%, al netto dell’inflazione, e nel 2019 ha raggiunto i 506 franchi per tonnellata equivalente di petrolio (TEP). Questo aumento, insieme al calo del consumo finale di energia fossile da parte delle economie domestiche, sembra riflettere almeno in parte l’effetto incentivante della tassa sul CO2. In effetti, tra il 2000 e il 2019 l’aliquota fiscale implicita sull’energia fossile consumata dalle economie domestiche è aumentata da 3 a 248 franchi/TEP per i combustibili, mentre è diminuita da 838 a 740 franchi/TEP per i carburanti.

Quintuplicazione degli impieghi legati al clima nell’arco di vent’anni
Tra il 2000 e il 2019 il numero di impieghi legati al clima è pressoché quintuplicato, passando da 17 500 a quasi 83 100 equivalenti a tempo pieno. Questa evoluzione è determinata soprattutto dalle attività legate alle misure di risparmio energetico nelle costruzioni e dalla produzione di energie rinnovabili. Nello stesso periodo, l’occupazione totale è aumentata circa del 20%. La quota di impieghi legati al clima sull’occupazione complessiva è quindi aumentata, passando dallo 0,5 al 2,0% (G15). Nello stesso arco di tempo, il valore aggiunto lordo delle attività legate al clima è più che triplicato, passando da 4,1 a 13,8 miliardi di franchi, ossia dallo 0,9 all’1,9% del prodotto interno lordo (PIL). Il calo degli impieghi e del valore aggiunto lordo legati al clima registrati dal 2017 è il risultato della diminuzione delle attività legate alla costruzione di edifici certificati a basso consumo energetico.

Il grafico qui sotto (G16) propone una panoramica delle principali cifre chiave della presente pubblicazione.

Metodologia
La contabilità ambientale è un complemento dei conti nazionali in ottica ambientale.
Composta da conti fisici e monetari, analogamente ai conti economici nazionali fornisce
generalmente dati sulle economie domestiche e sull’economia, suddivisi per attività
economica. Permette una migliore comprensione delle interazioni tra ambiente ed economia e
contribuisce a misurare il grado di realizzazione degli obiettivi dell’economia e dello
sviluppo sostenibile. La sua elaborazione si riferisce al System of
Environmental-
Economic Accounting (SEEA) elaborato sotto l’egida delle Nazioni Unite
(https://seea.un.org/ ).
I conti fisici dell’ambiente forniscono informazioni sui flussi di materiali e di energia che entrano nel sistema economico e che vi circolano, sulle emissioni di gas serra e di agenti inquinanti che ne derivano, nonché sulle scorte di legname (piante in piedi) delle foreste.
I conti monetari forniscono invece informazioni sul valore aggiunto e sull’occupazione nel settore della protezione dell’ambiente e delle tecnologie pulite (cleantech), come pure sulle spese, gli investimenti, le sovvenzioni e le imposte legate all’ambiente. In tal modo permettono di rendere conto dell’origine e dell’utilizzo dei mezzi finanziari investiti dalla Svizzera nella protezione dell’ambiente e nella gestione delle risorse naturali, nonché di misurare l’attività economica in tali ambiti.
Infine, una contabilità degli ecosistemi fornisce informazioni sull’importanza economica dei servizi ecosistemici utilizzati dalla società e permette di stimare il valore patrimoniale degli ecosistemi. Prossimamente l’UST, in collaborazione con l’Ufficio federale dell'ambiente (UFAM), valuterà la possibilità di elaborare una contabilità degli ecosistemi in Svizzera. Una contabilità del genere contribuirebbe a misurare gli obiettivi della strategia Biodiversità Svizzera del Consiglio federale.
La contabilità ambientale dell’UST include i conti seguenti:
Conti monetari
→ Spese per la protezione dell’ambiente
→ Sovvenzioni e altri trasferimenti legati all’ambiente
→ Prelievi fiscali legati all’ambiente
→ Beni e servizi ambientali
Conti fisici
→ Flussi di materiali
→ Emissioni atmosferiche
→ Energia
Conti dei beni naturali
→ Foreste
www.bfs.admin.ch/bfs/it/home/statistiche/territorio-ambiente/contabilita-ambientale.html